Si è concluso poco tempo fa un progetto che mi ha lasciato emozionato e meravigliosamente stupito. L’ Associazione Italiana Persone Down (sezione del Trentino) ha deciso infatti di stravolgere le carte in tavola e ribaltare stereotipi e pregiudizi che spesso ancora aleggiano attorno al mondo della disabilità. Contattato come membro di Montanamente mi è stato chiesto di organizzare e condurre una serie di escursioni tematiche alla scoperta del territorio e della natura del Trentino. Ho accettato senza indugio, sostenuto anche da un passato di lavoro con persone con disabilità e dal desiderio, mai sopito, di riuscire ad unire un giorno la potente presenza curativa della montagna al raggiungimento del benessere psico-fisico delle persone.
Su internet ed in letteratura si trovano decine e decine di articoli sulla montagnaterapia, in cui si racconta la positiva e benefica esperienza che le persone con disabilità o che vivono situzioni differenti di disagio o emerginazione sociale hanno scoperto nella montagna, nelle sue trame unificanti e solidali, nel suo abbraccio pacificatore, nel suo insegnamento di valori positivi, nella sua forza ristoratrice. Quello che però ha sconvolto il piano del racconto nel progetto organizzato da AIPD Trentino è l’aver eliminato le distinzioni di ruolo spesso narrate nel mondo della disabilità e nei progetti di crescita rivolti a persone che soffrono una qualche forma di disagio, che sia esso fisico, cognitivo o sociale. L’associazione ha pensato infatti di coinvolgere attivamente, attraverso un percorso di alternanza scuola-lavoro, ragazzi e ragazze delle scuole secondarie superiori di Trento che hanno così preso parte alle varie escursioni organizzate da Montanamente.
L’obiettivo è stato far nascere nuove amicizie, vere, spontanee, svincolate dai pregiudizi e dagli stereotipi sulla disabilità.
Il progetto, intitolato “Quasi Amici”, ha visto così la nascita di nuove relazioni, curate e nutrite dal rispetto reciproco tra i partecipanti e dalla voglia di fare esperienze assieme e di conoscersi, indipendentemente dalla propria apparente condizione, stato di salute o etichetta attaccata da una società sempre più attenta all’immagine che al contenuto.
Siamo partiti quindi alla scoperta della montagna, lungo sentieri e tracce, dentro caverne e in riva ai laghi, di notte e di giorno, vicino ad animali come cervi e civette, incantati dalla luce di un larice o dal sorriso per aver superato un ostacolo. Ci siamo abbracciati dopo aver superato limiti che ci sembravano blindati, abbiamo pianto perchè abbiamo scoperto qualcosa di nuovo dentro noi stessi, ci siamo arrabbiati quando la stanchezza prendeva il sopravvento. Abbiamo riscoperto la bellezza e ora credo che ci vogliamo bene, così come piace al cuore quando si conosce un nuovo amico, vero e sincero.
Il canto della ghiandaia o il picchiettare del picchio su un tronco ci hanno trasportato in un mondo sospeso, lontano dal frastuono e la fretta.
Arrivato a questo punto non mi piace neanche più parlare di montagnaterapia perchè qui si è trattato di andare oltre. Sapevamo già che saremmo ritornati a casa sereni e felici per esserci immersi nella natura, ma quello che non sapevamo era che la montagna avrebbe annullato le differenze, i pregiudizi, gli stereotipi legati alla disabilità. La paura affrontata è diventata coraggio, il limite è stato spostato e così i ruoli spesso si sono capovolti. Durante le nostre escursioni non c’erano più disabili e non disabili, persone con difficoltà ed altre senza, ma solo ragazzi e ragazze con un proprio nome, una propria passione, una storia da raccontare, vizi e virtù. Tutti e tutte siamo arrivati alla fine del sentiero. Il masso da aggirare, il vuoto, il terreno scivoloso, il sudore e le gambe indolenzite. Chi apparentemente aveva poche possibilità ha scardinato con un urlo il muro del pregiudizio e sconvolto la scena. Il limite è stato spostato un pò più in alto. Per tutti e tutte, senza distinzioni. La montagna ha unito e ridicolizzato le differenze. Ci ha condotto all’essenza delle relazioni. Altro che terapia, andare in montagna è una figata che fa bene a tutt*.
Grazie all’AIPD del Trentino per avermi dato la possibilità di esserci, a Roberta per l’instancabile supporto e il lavoro pazzesco dietro le quinte, a Silviano per la sua inesauribile forza e i sorrisi sinceri, ai volontari Laura e Fabio per il preziosissimo aiuto, ai genitori di tutti i ragazzi e le ragazze per averli scarrozzati in giro per il Trentino e per aver creduto nel progetto. Ai partecipanti dico invece di tenersi pronti perchè si ripartirà a breve per nuove avventure. Vi voglio bene.